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L’Olio Sabina DOP Petrucci di Michela BiancoFarina


Ho sempre desiderato uno angolo di terra di cui prendermi cura. Trovo che ci sia un rapporto ancestrale tra le nostre mani e i doni della terra. L’idea di contribuire alla nascita di un alimento mi affascina da sempre. Sole, acqua, terra, fatica, cura e passione. Questi secondo me gli ingredienti per ottenere buoni frutti, in ogni campo.

La mia terra la riconosco sempre. Ha il colore di un tramonto caldo e infuocato. Sempre circondata da monti o colli, sinuosa e a tratti aspra. La abitano persone in apparenza schive ma dense di buone intenzioni, dai sorrisi aperti, dalle poche parole sincere. Orti e campi coltivati si diramano da ogni dove, i grandi pini, pallidamente verdi, costeggiano le innumerevoli strade sterrate, polverose e bianche. I campi di grano inondano di oro le colline, tanto che le albe d’estate riverberano una luce che sembra divina. A perdita d’occhio poi arrivano gli olivi secolari, esseri maestosi, eleganti giganti dalle fronde antiche.

La bella terra Sabina si stende tra Lazio, Umbria e Abruzzo, anticamente abitata dai Sabini. Lì dove l’Aniene incontra il Tevere, si origina e si sviluppa arrivando fino a Norcia e Accumuli.

Terra di borghi fortificati, arroccati sulle innumerevoli e verdi colline, circondate da filari di viti, querce secolari, faggi alteri e olivi antichissimi – è a Fara Sabina l’olivo più antico d’Europa. Un tempo lento scorre ancora tra il verde della mia terra, un tempo che ricorda i ritmi della natura e dei suoi cicli stagionali. La mia terra increspata non permette l’agricoltura intensiva, richiede una cura da artigiano ed è la culla perfetta per l’olio d’oliva – da sempre dono eccellente delle nostre colline.

Il sole inizia a calare quando arrivo da Camilla, giovane, anzi giovanissima donna della Sabina. Sembra proprio un’alba dorata, con i suoi lunghi e biondi capelli, si muove delicata, come spiga al vento, mi accoglie col sorriso, il sorriso della gente sabina.

Saliamo sulla sua macchina, vuole farmi vedere la sua terra, quella con la vista più bella, quella in alto,

– “da lì si vedono poi quasi tutti i nostri alberi, mi piace andarci, è l’ultimo appezzamento che abbiamo comprato, anzi sai che è mio, solo mio, sono riuscita a prenderlo con i fondi del Piano di Sviluppo Rurale per i giovani”

Lo dice con orgoglio, bella e fiera, come la nostra terra, mi scappa il sorriso, anzi più di uno. Si racconta e mi chiede di raccontarmi, passeggiamo tra gli olivi, col caldo opprimente delle giornate d’agosto quando vorrebbe piovere ma il cielo non ci riesce, ci perdiamo tra gli olivi, lei se ne dispiace e invece io continuo a guardarmi intorno affascinata tra i tronchi dei suoi alberi – “ci sono più olivi che persone qui.”

L’OLIO E LA SUA STORIA

Questa antica storia ha inizio in Medio Oriente. In Palestina, parecchi millenni prima di Cristo, antichi frantoi erano utilizzati per produrre i primi oli della storia. L’arte della spremitura delle olive approdò poi in Egitto, a Creta, nell’Attica e infine in tutto il bacino Mediterraneo grazie ai viaggi dei Fenici, dei Greci e dei Cartaginesi. Furono proprio i Greci sbarcati sulle coste più meridionali della nostra penisola a trapiantare in Italia i primi olivi intorno al 1.000 a.C. Gli Etruschi lo coltivarono con cura e diedero un nome al suo preziosissimo frutto: eleiva, – olio!

Gli Egiziani pestavano le olive con un grosso sasso all’interno di una pietra cava, il liquido, attraverso scanalature, colava direttamente in cavità adiacenti. La pasta delle olive veniva poi racchiusa in una stretta corona di ramoscelli di olivo e veniva adagiata sopra una pietra piana, sotto il peso di vari massi. Il liquido oleoso veniva rinchiuso poi in recipienti di terracotta, dove lo lasciavano dormiente finché l’olio, più leggero, affiorava e poteva così essere separato dalle acque di vegetazione. I secoli passarono e le tecniche migliorarono, prima utilizzando dei torchi a sacco, dove robusti sacchi di tela che venivano riempiti di olive pestate, per poi essere attorcigliati con forza grazie all’ausilio di due bastoni. Poi con il genio greco: una o più grosse macine in pietra, collegate a un palo centrale, venivano fatte ruotare entro una vasca di forma circolare, esercitando così un’azione triturante sulle olive. Questa fu la tecnica di spremitura delle olive che venne usata anche dai Romani con piccole innovazioni. La vera rivoluzione arrivò con l’utilizzo della forza dell’acqua.

Il frantoio a trazione animale rimase così nell’economia familiare mentre i moderni oleifici, vennero costruiti sulle rive dei corsi d’acqua o serviti da canali artificiali. La forza dell’acqua rendeva possibile lavorare contemporaneamente con più macchine. Solo nell’Ottocento – Novecento nascono i torchi e le presse idrauliche capaci di operare l’estrazione fino al completo esaurimento delle sanse e poi le centrifughe per l’immediata separazione dell’olio dal mosto estratto con la pressatura.

L’AZIENDA AGRICOLA PETRUCCI

L’azienda, dalle tradizioni secolari, venne fondata dalla Famiglia Camilli e coltiva oliveti di proprietà in Corese Terra da almeno 600 anni – nel 1814 fu fatto costruire il primo frantoio aziendale da Gaspare Camilli. Nel 1880 l’ultima erede dei Camilli, Anna, si unì in matrimonio ad Angelo Petrucci, da tale unione tre figli nacquero: Alcide, Romeo e Agostino Petrucci. Rimasta vedova, Anna e i figli portarono avanti l’azienda di famiglia e nel 1935 trasferirono l’attività in un nuovo edificio e introdussero in azienda il separatore centrifugo in rame acquistato dalla Germania – un’innovazione incredibile per l’epoca! Nel 1999 l’attività venne trasferita e dotata delle tecnologie ora in uso. Tante generazioni dopo, circa 70 ettari di antichi olivi, 2.600 anni di tradizione si contano tra le fronde nodose di questi silenziosi alberi e di questi, 21 anni, pieni di forza e coraggio, sono quelli di Camilla, la più giovane della famiglia.

Lei e la sorella Sabina – 23 anni – sono i due nuovi e futuri pilastri di questa bella azienda familiare, mi racconta Camilla di come il padre pian piano le lasci libere, libere di decidere, di sbagliare, di sentire e vivere a modo loro questa eredità del passato. Lei è quasi incredula, felice ma incredula di tutta la fiducia che il padre le accorda – continua a dirmi che dopotutto ha solo 21 anni – eh già eppure che forza, che determinazione, un turbinio di idee e di costanza nelle scelte intraprese!

La loro terra è proprio al centro della zona che da antica tradizione è riconosciuta come quella tipica della Sabina Dop. Sono presenti circa 8.500 piante di ulivo delle varietà salviana e poi frantoio, raia, carboncella e leccino localizzate nel territorio del comune di Fara Sabina (RI), una vera rappresentazione della biodiversità olivicola.

L’azienda dispone ancora del proprio frantoio – ora ristrutturato – e di un impianto di imbottigliamento con macchinari completamente rinnovati per consentire una frangitura a freddo delle olive. Le olive vengono raccolte a mano direttamente dagli alberi, e frante a freddo la sera stessa nel frantoio aziendale. L’intero ciclo produttivo è controllato direttamente dalla famiglia, dalla coltivazione delle piante all’imbottigliamento del prodotto finito. La loro azienda rispetta anche il regolamento C.E. 2078|92 per l’agricoltura ecocompatibile.

Camilla mi racconta delle notti che fin da bambina passava col padre e la famiglia tutta al frantoio, dove arrivano non solo le loro olive ma anche i raccolti degli agricoltori vicini che non possiedono un proprio frantoio e quindi usufruiscono del loro per produrre il proprio olio.

Da questi ricordi nasce l’idea di creare dei bungalow tra gli olivi…

– vanno tutti alla ricerca di pace, sapessi quanta ce n’è di notte tra questi alberi! Perché dover arrivare dall’altra parte del mondo, quando qui vicino Roma potremmo offrire notti stellate, profumi antichi e silenzio profondo?

Ma è un progetto per chissà quando dice, troppe sono le cose da fare con tutta questa terra! E proprio la terra sabina vorrebbero valorizzare con altri progetti tutti presenti nelle loro menti appassionate. Tra varie confidenze Camilla non fa mistero della sua vita, mi racconta dei suoi studi universitari in Scienze agrarie e ambientali e apprendo con gioia la notizia che è stata scelta come delegata provinciale dei giovani imprenditori di Rieti della Coldiretti.

Mi sono innamorata del loro olio. Per il gusto indimenticabile. Per la storia secolare, sì. Per la tradizione familiare, anche. Per la forza di queste tre cose messe assieme che ritrovo, intatta, negli occhi di Camilla.

Tutela e garanzie per i consumatori

Il prodotto certificato SABINA DOP gode di tutela e protezione dalle contraffazioni su tutto il territorio dell’Unione Europea. Le aziende che hanno ottenuto tale riconoscimento e che commercializzano la propria produzione di olio con questo marchio di identificazione, devono attenersi ad uno specifico “Disciplinare di Produzione” e sottostare al controllo di Agroqualità, società appositamente incaricata e riconosciuta dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali. Inoltre la bottiglia numerata, previsto per la sola DOP Sabina, consente la tracciabilità dell’olio, in pratica dal numero della bottiglia si può risalire al produttore e alla zona di produzione.

Ti invito a leggerne di più su questa pagina.

Panel Test

Con il termine Panel Test si indicano la valutazione organolettica di un olio effettuata da un gruppo di assaggiatori opportunamente addestrati, i quali verificano la presenza e l’intensità di particolari note aromatiche e di eventuali difetti.

Le caratteristiche dell’olio Sabina DOP

Profumo: fruttato di oliva, note di erba fresca e carciofo. Sapore: fruttato vellutato uniforme aromatico dolce, amaro per gli oli freschissimi. Colore: giallo oro con sfumature sul verde per oli freschissimi.


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